Piangere sul latte versato è un classico dell'italian style. I siluri e gli altri alloctoni non sono arrivati qui con le loro pinne, il loro inserimento nelle acque italiane è avvenuto con tempi e modalità assolutamente non casuali. Sono pesci acquistati all'estero e portati in Italia per essere stoccati, allevati e poi liberati in laghetti privati, pesche sportive e anche acque libere. Chi ha permesso tutto ciò non è meno colpevole di chi lo ha direttamente praticato. A chi cade dalle nuvole in buona fede, dico quello che tutti i pescatori di una certa età sanno benissimo: se l'introduzione e la diffusione del siluro ha ancora qualche lato oscuro, non è certo così per i tanti ciprinidi arrivati in massa negli ultimi trent'anni e diventati ricercatissimi pesci da gara. Se poi qualcuno pensa seriamente che breme e gardon siano arrivati per sbaglio o la loro diffusione sia iniziata per colpa di qualcuno che ne ha rilasciato una coppia prolifica acquistata erroneamente come pesce d'acquario, beh, gli consiglio di informarsi meglio. C'è stata la volontà chiara di portarli in Italia, senza se e senza ma, sarebbe opportuno che qualcuno ogni tanto si prendesse delle responsabilità ma in Italia è chiedere troppo. Credo che inoltre ci sia stata anche una buona dose di ignoranza nel non sapere prevedere gli effetti devastanti di tali immissioni, a maggior ragione in ambienti deteriorati come quelli della bassa padana. Ora, nel completo rispetto delle opinioni di tutti, mi viene sinceramente da sorridere nel leggere che abbia credito la tesi secondo cui senza gli alloctoni le nostre acque di pianura sarebbero morte. Innanzitutto i nostri fiumi, il Po in primis, sono generalmente meno inquinati di trent'anni fa, quantomeno se prendiamo come parametro la qualità delle acque, il problema casomai è la gestione dell'acqua e il trattamento riservato agli ambienti fluviali da parte dei consorzi. Ricordo da ragazzo che passeggiare lungo i laghi centrale e inferiore di Mantova era uno spettacolo atroce per la quantità di pesci morti, parlo della fine degli anni '70, carpe, tinche, lucci, cavedani, tutto galleggiava tra i canneti del sottoriva. Dieci anni dopo ci andavo a cavedani e savette, ne prendevano delle mezze nasse e adesso sono ancora pieni di pesce: breme, gardon, aspi, siluri e carpe. Se non ci fossero gli alloctoni ci sarebbero forse meno cavedani e savette rispetto agli anni '80 ma certamente non mancherebbero scardole, triotti, alborelle e forse anche tinche e lucci, come un tempo. E' solo un esempio e non essendo un ittiologo e nemmeno un amministratore pubblico con poteri decisionali, ma solo un pescatore e pure scarso, verità in tasca o soluzioni percorribili non ne ho, penso che sia impossibile allo stato attuale delle cose, pensare di poter sradicare il siluro piuttosto che l'abramide, il gardon o altri pesci che fanno parte di quel latte versato. Ovviamente spero di sbagliarmi ma credo che al massimo si potrebbero limitare i danni, ma sarebbe necessario il pugno di ferro da parte di un organismo (ministero dell'ambiente?) che prenda in mano la situazione e by-passi il ridicolo puzzle degli enti gestori delle acque, mettendo regole chiare e investendo seriamente (anche con denaro sonante) in una strategia ambientale mirata al ripristino di quel patrimonio incommensurabile che sono le acque italiane. Senza tanti giri di parole si tratta di utopia pura visto che oltre al ginepraio prodotto dalle disposizioni degli enti attualmente preposti, siamo divisi anche tra noi pescatori.
Qualche esempio. Siluro si o siluro no? Siluro si, ok, allora lasciamo tutto com'è. Siluro no, bene, da domani il siluro non va più rimesso in acqua, pena sanzioni pecuniarie e penali in caso di recidiva. Però tu, amministrazione pubblica, mi dici dove devo smaltire quintali di carne che forse non ho voglia o possibilità di consumare, mi devi creare dei punti di stoccaggio dove portare il pesce, creando una filiera a monte per lo smaltimento completo, ovvero spetta a te decidere se venderlo per farne mangime animale, se farlo a tranci da spacciare nei mercati dell'est (in questo modo mettendo anche in difficoltà il bracconaggio), se farne concime o quant'altro. Inutile dire al pescatore che non può rilasciare il siluro e pensare che, semplicemente, lo conferisca nel rifiuto domestico dell'umido. Non solo: come lo controlli il pescatore? Uno lungo il fiume in genere può fare quello che vuole, vigilanza non ce n'è e tutto viene delegato alla propria coscienza e senso civico che, in italiano corrente, salvo qualche eccezione, significa: tornaconto personale. Quindi, se dai al pescatore un euro al chilo per il siluro, ti trovi la fila al centro di raccolta, sennò se va bene ti trovi il siluro a marcire sulla riva.
Poi però devi lavorare per ripristinare l'ambiente. Esempio: tu consorzio 1) mi lasci il minimo vitale di acqua in tutti i corsi d'acqua di competenza per tutto l'anno, che siano fiumi e canali larghi decine di metri o fossi di campagna da un metro, tu NON MI FAI PIU' LE SECCHE INVERNALI e nel caso ti attivi per prelevare il pesce 2) i corsi d'acqua, se proprio devi, li draghi in agosto e settembre, a freghe finite, e ti organizzi per rimettere in acqua il pesce che finisce sulla riva, io ti metto a disposizione la vigilanza per evitare pensionati e bracconieri più o meno legalizzati che fanno il giro con il secchiello 3) limiti al minimo indispensabile lo sfalcio delle alghe e ANCHE DELLE RIVE, soprattutto di quelle a canneto, io provvedo a ri-piantumare gli argini in modo da creare più zone d'ombra e rifugi naturali per i pesci, oltre a mantenere più salde le rive 4) devi mantenermi la regimazione delle acque il più regolare possibile, in modo che l'acqua non si intorbidisca.
Poi, mi spiace, ma lo devo dire: le gare di pesca possibilmente in acque chiuse, in caso di acque libere assolutamente niente ripopolamenti, che non si sa mai che pur con tutta la buona volontà, in mezzo a materiale alloctono non finisca anche qualcos'altro.
E ovviamente, anche nelle acque chiuse private, basta frivolezze esotiche: vietato immettere qualsiasi cosa non sia autoctona.
Potrei continuare e andare a toccare nervi anche più scoperti ma so benissimo che già a questo punto qualcuno avrà storto il naso per qualche buonissimo motivo personale che non mi metto a discutere, tipo "io sono per il c&r totale, non mi possono costringere a uccidere nemmeno il siluro", oppure: "a me piace pescare il siluro, tira tantissimo e non è nemmeno particolarmente intelligente, mi diverto, per me visto che c'è meglio che resti", oppure "le gare in acque chiuse non hanno senso e in acque libere servono i ripopolamenti", oppure "ho comprato una rouba da 3000 euro e dovrei rinunciare a riempire la nassa di breme?" oppure tante altre cose su cui nessuno riuscirà mai a metterci tutti d'accordo.
Quindi ci teniamo il latte versato, i siluri, le breme e chissà mai che in un futuro nemmeno troppo lontano, i nostri vecchi autoctoni non tornino con lo stesso impatto con cui si sono imposti gli alloctoni, in fondo, un cavedano nel basso Po al giorno d'oggi fa notizia come lo faceva un siluro trent'anni fa. Ecco, in questo senso, mi arrivano notizie confortanti: nel Po ferrarese da un paio d'anni sono ricomparse le alborelle e non più tardi di quindici giorni fa un paio di amici a ledgering, poco a valle della confluenza dell'Oglio nel Po, hanno catturato diverse savette e pure qualche cavedano, roba che non si vedeva da almeno 12-13 anni.