LA PESCA ALLA VALSESIANA
Si chiama pesca alla valsesiana un particolare tipo di pesca con la mosca che segue le regole dettate da un'annosa esperienza dei pescatori abitanti in Valsesia.
Molto simili a questo sono i metodi di pesca chiamati valdossolano, torinese, vigevanese, biellese e per ultimo la tencica nipponica della tenkara.
Attualmente purtroppo molte di queste tecniche sono cadute in disuso e forse solo alcuni pescatori del posto le conoscono.
Poichè il piu' noto è il valsesiano di cui gli altri sono solamente varianti parlero' solo di questo che tra l'altro è anche una delle tecniche da me preferite.
La valsesiana è un tipo di pesca molto antico, sviluppatosi forse contemporaneamente alla classica coda di topo di origini inglesi: oltre la Manica i pescatori, avendo a disposizione fiumi con acque tranquille, potevano studiare il modo migliore per lanciare a grande distanza una mosca e farla galleggiare sull'acqua, mentre da noi, dove le correnti sono spesso veloci e turbinose, si perfeziono' una tecnica di pesca a breve distanza basata principalmente sull'impiego di mosche sommerse.
Il lancio di una lenza valsesiana non è eccessivamente diverso da quello di una coda di topo; nel primo caso la canna è piu' lunga, ma le difficoltà sono quasi identiche dal momento che la lenza usata è assai piu' leggera e le mosche piuttosto numerose.
In Valsesia nelle acque della riserva sociale che comprende la maggior parte del Sesia da Quarona a monte e quasi tutti gli affluenti, il numero massimo di mosche consentite è 4. Altrove puo' essere libero o subire limitazioni secondo le zone e le acque.
Il pescatore con la valsesiana è, per forza di cose, un infaticabile camminatore. Cammina lungo il torrente, di cui predilige le parti pianeggianti o dove l'acqua mormora tra sasso e sasso, lasciando in continuazione la sua catena di mosche.
Piu' che lanciare verso un determinato pesce che ha visto affiorare "pesca l'acqua" come si dice in gergo, cioè si limita a far cadere le esche in ogni posizione in cui si presume ci sia un pesce, a volte senza neppure guardare se la preda affiora; dopo una breve sosta sull'acqua le esche sono ritirate e nuovamente lanciate in genere a monte. E' implicito che per questa pesca occorrono doti di resistenza veramente notevoli: la fatica del braccio che regge la canna, la difficoltà di camminare su sassi e ciotoli scivolosi, la necessità di entrare in acqua rendono una giornata trascorsa pescando in questo modo certamente piu' pesante di una giornata trascorsa pescando a fondo.
Inoltre bisogna conoscere perfettamente i luoghi in cui si vuol esercitare la tecnica. In questo caso sono avvantaggiati gli abitanti delle vallate, i quali sanno perfettamente dove si trovano le trote o i temoli durante i vari mesi dell'anno in quanto, avendo la possibilità e la comodità di trascorrere molto tempo lungo i corsi d'acqua delle loro zone, hanno modo di vedere i pesci affiorare. Percio' quando essi partono per la battuta di pesca sono quasi già sicuri di avere successo.
ATTREZZATURA
Canna: in questo caso si tratta di un attrezzo del tutto particolare. E' una canna fissa flessibilissima assai lunga, a volte anche 4,5 m, dotata di un cimino molto sottile.
Le migliori canne valsesiane si trovano tuttora nella vallata d'origine e sono prodotte artigianalmente con cimino incorporato in bambu' (essendo produzioni artigianali il prezzo alle volte è molto alto). Dato il limitato numero di pezzi la loro azione è ineguagliabile, pero' per la lunghezza dei segmenti, non sono facilmente trasportabili.
Attualmente sono in produzione, e sono molto usate, leggere canne giapponesi in carbonio in 6 e persino 8 pezzi rientranti specifiche per la pesca alla valsesiana.
Sono canne pregevoli sotto tutti gli aspetti, ma la loro vibrante nervosità non regge il confronto con l'impareggiabile azione dolce e morbida della canna in nizza.
Per migliorare l'equilibirio esistono anche canne valsesiane con la base rivestita da una corta impugnatura di sughero o neoprene che, inoltre, rende agevole impugnarle anche per molte ore di seguito.
Ancora per ragioni di comodità oggi si preferisce usare canne lunghe dai 3,5 ai 4,00 m; tale misura è ugualmente sufficiente per pescare a distanza ragionevole e stremare qualsiasi pesce che abbocchi alla mosca. Nella pesca valsesiana non è logicamente previsto il mulinello.
Pero' esistono casi particolari in cui alcuni pescatori applicano alla base della canna un minuscolo rocchetto che serve da scorta per lenza supplementare. Siccome l'uso del mulinello presuppone sulla canna l'applicazione di passanti guida lenza che ne comprometerebbero la bilanciatura, è molto meglio non fare uso di questo attrezzo o, al limite, montare un terminale valsesiano su una canna da mosca anche se in quel caso non si puo' definire l'azione tecnica alla valsesiana.
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Lenza: Il vecchio crine di cavallo ritorto e legato a treccia gradatamente assottigliantesi verso l'estremità oggi è sostituito dal nailon o dai filati sintetici.
Con questi materiali si costruisconolenze di varia lunghezza che, piu' grosse al punto di unione con il cimino, si assottigliano sempre di piu'. Nel punto in cui terminano si applica poi il setale destinato a portare le mosche artificiali.
Nella Valsesiana classica l'insieme delle lenze e del finale supera di un metro e mezzo circa la lunghezza della canna.
Esistono lenze anche molto piu' lunghe della canna, ma in quel caso non si puo' piu' parlare di vera e propria valsesiana.
La conicità della lenza è necessaria per riuscire a lanciare le mosche che vengono manovrate con un'azione molto simile a quella compiuta da una frusta.
Le lenze in naylon sono molto leggere e quindi ottime sotto tutti gli aspetti principalmente perchè non allarmano i pesci. I pescatori che trovono qualche difficoltà a lanciare, appunto per la loro leggerezza, le sostituiscono con tratti di cordoncino trecciato di differnte sezione annodati tra di loro per ottenere in complesso il medesimo sviluppo conico.
Parte integrante della lenza è il setale che, preparato in monofilo, è anch'esso costruito con spezzoni di diametro decrescente. La sua lunghezza varia secondo il numero di mosche usate; di solito con 4 mosche si usa un setale di circa 80/90 cm di lunghezza.
Le nuove lenze in naylon hanno lo svantaggio, nei confronti di quelle in crine di cavallo, di essere piu' rigide, per cui la caduta delle mosche in acqua non avviene con la dovuta leggerezza. Il crine, invece, una volta inumidito, perde tuta la sua nervatura e, imbevendosi d'acqua, aumenta il suo peso specifico affondando con facilità.
Ecco le ragioni che consiglierebbero l'uso di questo secondo materiale per la lenza della valsesiana. Solo nelle vallate si riesce a trovare qualche lenza costruita in questa maniera e, una volta, anche da Ravizza a Milano.
Si tenga presente che, prima di pescare, la lenza in crine deve essere messa a bagno in acqua per almeno 10 min. ; questa operazione si compie sul luogo di pesca mentre si annodano le mosche sul setale o comunque prima di iniziare la pesca. Per evitare che si asciughi, la lenza deve essere lasciata in acqua durante le soste.
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Esche: A prescindere dalla forma dell'amo, la mosca valsesiana ha un gambo molto corto e la curva larga; si puo' dire che la distanza tra la punta e il gambo è quasi pari alla lunghezza del gambo stesso.
I corpi sono sempre molto sottili e costruiti preferibilmente in seta non verniciata, in maniera che si imbevano d'acqua appesantendosi; non esistono nè peduncoli nè addominali (solo alcuni tipi di mosche ossolane posseggono gli anelli) e gli hackles sono molto radi e raccolti alla sommità prima della legatura finale.
Talvolta le barbe di piuma sono rivolte verso l'alto.
Tutte le piume di uccello usate per la confezione delle mosche valsesiane devono avere come caratteristica comune la morbidezza. Una volta in acqua dovranno aderire al corpo ondeggiando nella corrente a ogni movimento della mosca e animando in tale maniera l'artificiale. Per questo motivo si preferisce usare piume delicate di merlo, tordo, passero, beccaccia, pernice, viscarda, gallinella d'acqua,gallina etc.etc.; molto ricercate sono le piume di gallo grigio ma le migliori in assoluto risultano essere quelle di civetta in quanto morbidissime. Voglio precisare che esistono in commercio anche ottime piume artificiali che possono piu' o meno far ottenere lo stesso risultato delle piume naturali.
La scelta dei colori è in relazione alla stagione e al pesce cercato; per la trota si preferiscono mosche con corpi chiari in primavera e in estate e pertanto il verde, il rosso, l'arancio e il giallo risultano le tinte piu' indicate. Sul finire dell'estate e in autunno è meglio che il corpo abbia colori meno appariscenti: verde scuro, marrone, nocciola, grigio, nero e viola.
Per i temoli si usano sempre mosche con il corpo scuro, mentre gli hackles, scuri all'inizio diventano piu' chiari progredendo verso l'inverno. Le dimensioni della misura dell'amo variano a seconda del pesce cercato: per trote preferisco modelli montati su ami del 12-14, per i temoli quelli dal 16 al 18.
Da non dimenticare il fatto che queste mosche servono ottimamente anche per catturare cavedani e vaironi; per i primi si usano mosche da trota per i secondi quelle da temolo.
TECNICA DI PESCA
Per pescare con la valsesiana, come per tutte le forme di pesca, e forse molto piu' che per altre che sfruttano l'attrazione delle mosche artificiali, è necessario un formidabile colpo d'occhio.
Saper cogliere il guizzo argenteo di una trota che parte a mezz'acqua dietro un sasso o notare il baluginare purpureo della pinna dorsale di un temolo a fior d'acqua è certamente un po' piu' difficile che notare gli stessi pesci salire a galla e prendere la mosca. Quello con la valsesiana è un tipo di pesca un po' meno raffinato di quello con la coda di topo. Tuttavia si tratta di una tecnica ben precisa trattandosi di un sistema che viene praticato solo in alcune zone d'Italia ma che sicuramente puo' essere produttivo anche in altre zone in cui tale tecnica non è conosciuta ne praticata. Il lancio della lenza non presenta particolari difficoltà.
Per il primo lancio si tiene delicatamente tra le dita la mosca di punta posta al termine della lenza e si dà con la canna un colpo in avanti sollevandola decisamente; cosi' facendo la lenza e le esche vengono proiettate verso il largo. Poi si piegano decisamente il polso e lievemente l'avambraccio all'indietro portando la canna in verticale; con questa manovra la lenza si stende immediatamente alle spalle del pescatore puntando verso l'alto. Successivamente il polso e l'avambraccio sono spinti in avanti per proiettare la lenza verso l'acqua. Si deve aver cura che la catena di mosche si stenda bene in avanti.
Questa è forse la manovra piu' difficile perchè sul setale sono collocate paracchie mosche e potrebbero accavalarsi formando grovigli. La pratica insegnerà a far si che solo il setale appoggi sulla superficie dell'acqua; nella discesa verso valle, muovendo a ventaglio la canna, si segue il suo derivare abbassando leggermente la punta affinchè le mosche rimangano sempre sommerse.
Alla fine della passata, il lancio successivo si effettua mettendo delicatamente in tensione la lenza e poi portando rapidamente il braccio in verticale; la lenza vola all'indietro e il lancio puo' essere ripetuto.
Un altro tipo di lancio che si puo' fare con la valsesiana è quello orizzontale, che viene compiuto tenendo la canna parallela al suolo e muovendo all'altezza del fianco.
Con tale lancio si evita di allarmare i pesci che si trovano vicini al pescatore.
E' anche possibile usare la valsesiana con un movimento rotatorio del cimino che giostrando sulla verticale del pescatore fa volteggiare l'intera lenza grosso modo con lo stesso movimento di un lazo da cow-boy.
La lenza allora forma un cerchio in aria ricadendo davanti al pescatore, ma piu' lontano o in un'altra zona d'acqua.
L'abboccata puo' manifestarsi in tanti modi: il pesce affiora decisamente e fa un cerchio alla superficie; prende la mosca un paio di centimetri sotto il livello e fende con il dorso l'acqua; guizza dietro un sasso in acqua limpida e lo si vede brillare alla luce; si intravede la sua ombra salire dal fondo e poi scendere a capofitto; oppure la lenza subisce un brusco rallentamento o parte decisamente verso monte, valle o al largo.
Lo strappo che si da con la canna deve essere veloce, ma non brusco; è una stoccata che assicura la penetrazione dell'amo senza compromettere la solidità della lenza che deve essere parzialmente tesa per consentire una ferrata corretta e tempestiva, che non dia modo al pesce di abbandonare l'esca.
Abilmente manovrata la valsesiana si dimostra efficace anche nei fiumi di pianura in zone dove i ciprinidi in certe ore del giorno si portano verso riva. La tecnica è ottima e produttiva anche in alcune roggie e fontanili della bassa ricche di salmonidi e ciprinidi.
Spero che la descrizione della tecnica sia abbastanza precisa e susciti in molti la curiosità di saggiare una tecnica da preservare e conservare; una tecnica molto divertente e piacevole, una tecnica da insegnare ai piu' giovani per mantenere una tradizione evitando che si spenga nel tempo come hanno fatto tante tecniche di pesca.
Posso consigliare di visitare il sito: http://www.moscavalsesiana.it
Questo post è stato modificato da edorica: 07 August 2011 - 22:41 PM