Sono un estimatore dell'anguilla, sia come pesca (adoro la pesca notturna) sia come qualità gastronomica. Nella zona in cui vivo, fino a circa 15 anni fa le anguille erano ovunque, le trovavi nei fiumi, nei canali, nei fossi e posso testimoniare di persona di averne viste, quando ero ragazzo, dopo i forti temporali estivi, scivolare allegramente tra le pozzanghere delle sterrate di campagna e nei ristagni d'acqua dei campi coltivati. C'erano serate, in primavera, in cui farne 8-10 a testa era normale, parlo degli anni '80 e dei primi '90 e, per quante ce ne fossero, TUTTI i pescatori della generazione precedente alla mia e, in generale, tutte le persone anziane della zona (visto che per tanti anni di pesce d'acqua dolce ci avevano vissuto), sostenevano che rispetto ai decenni precedenti erano in costante calo. L'ultima annata decente è stata nel '92, esattamente vent'anni fa, poi un calo improvviso e totale: l'ultima l'ho pescata nel 2000. Parallelamente c'è stato, negli stessi ambienti, il calo consistente dei pescigatto che sono spariti con qualche anno di ritardo rispetto all'anguilla, per altre cause ben note riconducibili ad un virus. Probabilmente non c'entra nulla ma, inversamente proporzionale al declino dell'anguilla, ho assistito al proliferare del siluro che continua ad essere, in gran parte dei corsi d'acqua della bassa, la preda principale delle sessioni notturne. Posso garantire che gli sbarramenti e la situazione di fiumi e canali della zona non è cambiata negli ultimi 30 anni, eccezion fatta per una diga sul Tartaro, inaugurata nel 1989. Quindi, ne deduco che il problema non è di risalita (i fiumi in questione sono tributari in minima parte del Po, come il Mincio, e in gran parte del Canal Bianco), non solo: nella parte di Tartaro superiore alla diga di cui sopra, qualche anguilla la si prende ancora, si tratta di esemplari sporadici, molto grossi (l'anno scorso ne pescarono una qui a valle di Nogara di oltre due chili) probabilmente stanziali da prima della costruzione della diga, oppure chissà da dove vengono, fattostà che sotto, nel tratto direttamente collegato al Canal Bianco, non se ne vede una da tanti anni. Secondo me, quindi, il problema è la pesca intensiva che si fa delle cieche alla foce (tutta la zona del delta del Po è attrezzata per catturare le piccole anguille e poi farle ingrassare nelle valli). L'unica alternativa ad un fermo che, per funzionare, dovrebbe essere di parecchi anni, è quella di riuscire, finalmente, a riprodurre artificialmente l'anguilla, in modo da stabilire un circuito chiuso per gli allevamenti, come si fa con tanti altri pesci, e lasciare che l'anguilla "naturale" riprenda a seguire il proprio ciclo di vita. I cugini francesi (nella zona della foce del Rodano e della Camargue, simile per certi versi al delta del nostro Po, le anguille sono uno dei piatti tradizionali della cucina locale) da almeno mezzo secolo stanno studiando il modo per riprodurre artificialmente la anguille, finora senza nessun successo. I ricercatori dell'università di Bologna, invece, sono riusciti l'anno scorso ad avere un primo, significativo, successo, come si può leggere da questo articolo:
http://www.riminibea...iciale-anguille
La cosa è passata parecchio sotto traccia ma, a parte riconfermare che la ricerca italiana, in qualsiasi campo, è una risorsa tanto bistrattata quanto di assoluta eccellenza, apre veramente ampi margini di speranza rispetto alla possibilità di riuscire a salvare, nei prossimi anni, capra e cavoli, ovvero la sopravvivenza della specie e la sopravvivenza di un'attività economica improntata su una tradizione gastronomica ben radicata in varie parti d'Europa, non ultima la nostra pianura padana.