…quando tutto si risolve nei minuti finali…
Prologo
Il lungo inverno è passato, anche quest’anno per la verità, senza che il clima ne abbia marcato le sue caratteristiche tipiche: freddo pungente, vento e neve…assenti ingiustificati, salvo qualche fugace apparizione nel periodo natalizio. Per lo più cielo raramente coperto, qualche leggero piovasco e temperature mai eccessivamente rigide.
Ma come da copione, come sempre succede appena finiscono i festeggiamenti, il “cacciatore”, che non aspetta altro, è pronto a giocare la sua lunga partita, pieno di aspettative e sognando quel momento, non un momento qualsiasi, ma il fatidico incontro, con LEI, la grande e schiva regina del lago.
Senza perdersi d’animo, sapendo già, ancora prima di arrivare alla “prima” sulle rive del grande specchio blu, che la quasi totalità delle sue fatiche non saranno ricambiate se non da sonori cappotti e conseguenti viaggi in macchina a pensare dove, come e perché ha potuto sbagliare, magari l’esca, magari lo spot, magari il tipo di recupero, magari niente di tutto questo: LEI non c’era, punto, o forse è quello che gli piace pensare, la soluzione meno scomoda per giustificare i suoi insuccessi. Ogni volta cerca di trovare una spiegazione logica, ma può esserci una logica a tutto ciò?
No, probabilmente non c’è, lui lo sa, ma continua imperterrito, insiste, tutti i week-end ha il suo appuntamento inderogabile, si alza anticipando l’alba, si sveglia addirittura prima, freme, sa già che tornerà a casa senza aver vissuto quell’attimo magico che gli farà salire il cuore in gola, detonazione di una bomba, ma non importa, è testardo, quell’attimo è tutto, e pur di assaporarlo anche per una sola volta, non sente ragione.
E’ quasi un rituale, non vuole perdere nessuna possibilità, perché sa, lo sa bene che il destino è beffardo ed è pronto a prendersi gioco di lui. Quante uscite, quanti lanci, quanti…ha perso il conto, ma non è importante. Gli si è avvicinata parecchio, l’ha vista bene, incantato da così tanta imponenza e grazia nello stesso tempo, il sogno si era materializzato all’improvviso, un giorno come un altro, sperava di poterla accarezzare, ma l’epilogo è stato ben diverso: il sogno sarebbe continuato. Chissà, magari la prossima volta, la partita non è ancora finita...
Epilogo
…e in un attimo, arrivò la primavera. Il cacciatore non ha ancora deposto le armi, l’inverno è stato davvero duro, tanti bocconi amari da mandar giù, ma sa bene che deve continuare per la sua strada, se vuole toccare il cielo con un dito, trovarsi per poco nell’olimpo.
Maggio, il mese più bello: gli alberi germogliano, sbocciano i fiori, i prati si colorano di mille tonalità, fanno la loro comparsa le prime farfalle e gli insetti, un brulicare di ogni forma di vita.
Il lago è sempre lì, a volte calmo, a volte impetuoso, come se non si accorgesse delle stagioni e del tempo che passa, scandito solo dai mutamenti dell’ambiente circostante, le montagne cambiano aspetto, la vegetzione dona loro i colori più idonei.
Ora però sembra essere vivo, la mite temperatura, lo splendente sole mattutino, le migliaia di schiuse sulla superficie dell’acqua: fantastico.
L’immagine di quella cartolina in bianco e nero è ormai solo un ricordo, non ci vuole più pensare, si deve concentrare e ripartire da zero, la realtà ora è un’altra.
La sveglia sarebbe davvero spiacevole da sentire, il sole ormai sorge prestissimo. Tante volte l’impatto fatale è arrivato in momenti impensabili. Conscio del fatto, decide di andare con calma, forse un po’ di stanchezza inizia a farsi sentire, forse no…forse, semplicemente, non ci crede più come prima di scendere in campo, è scoraggiato, siamo nei minuti di recupero, cercare di vincere la partita è davvero dura…ma fino a quando non sente il triplice fischio lui continuerà a lanciare.
Sono le sei e mezza di una domenica mattina come tante, il lago ormai è più che altro motivo di pace, ricerca del proprio essere, pulizia dei pensieri, in questo particolare momento, ne ha davvero bisogno.
L’aria che respira è frizzante, dona energia ad ogni respiro, un vento teso da nord soffia insistente, la cima di una montagna nasconde il sole ancora per poco, ma già tutt’intorno ormai la luce rende visibile qualunque particolare.
Si avvicina, non troppo però, in silenzio assoluto, come se fluttuasse sui ciottoli della riva, nessuno deve sentire, nessuno deve accorgersi che lui è li, pronto a trarre in inganno la sua preda. Si accosta alla parete, diventa un tutt’uno con i suoi mattoni, immobile. Osserva attentamente la superficie increspata, per scorgere anche il minimo segnale, difficile vista la situazione…il nulla.
Le gesta come di consueto: prende il suo fido ondulante, lo aggancia al moschettone e dopo un rapido movimento del braccio, lo osserva volare attraverso le montagne che fanno da sfondo, una parabola perfetta, la treccia che sibila tra gli anelli, un tonfo sordo lontano, qualche secondo di attesa, un lungo respiro e comincia il recupero.
Veloce, nervoso, strattona violentemente quel pezzo di ferro come a volerlo maltrattare, come se volesse scaricare contro di lui tutta la rabbia, ingiustificata, attribuendogli qualsiasi colpa.
Ma lui sta al gioco, non si scompone, esegue fedelmente gli ordini impartiti dal suo braccio. Non credo stesse pensando a qualcosa, a quello che stava facendo, ancora non si era immedesimato nel ruolo di pescatore, troppo presto, il primo lancio, non era ancora entrato nella parte.Sono attimi in cui ti senti essere catturato da un buco nero.
Uno sguardo alla bobina, ormai quasi piena, l’ondulante sta per finire la sua corsa, forse ancora tre, quattro jerkate, poi si dovrà ripartire da lontano, altro giro, altra corsa.
Qualcosa lo riporta alla realtà, fuori da quella piacevole sensazione, il piacevole limbo, quasi infastidito dall’accaduto, una botta violentissima, la canna piegata verso il largo, immobile. Maledetto fondo pensa, quest’anno ti sei già portato via troppo metallo, forse non sei ancora appagato…istanti, tre sfrizionate secche, potenti e rapide.
C’è vita dall’altra parte della treccia, la sente, ora è concentrato, torna il cacciatore che è in lui, sa cosa deve fare. Asseconda la sfuriata iniziale, con una manovra decisa tenta di vederne la testa tra i frangenti.
La mangiata è stata perfetta, la posizione dell’esca gliene dà conferma, il pericolo di perdere la preda è ridotto al minimo, solo un suo errore può rendere negativo l’epilogo finale. Infastidita, apre il gorgo e punta il fondo, poi cambia improvvisamente direzione ed esplode in un salto fantastico, la luce intorno tinge di bellissimi riflessi dorati il suo corpo, la sua veste argento è rimasta lì, in fondo al lago…
Ormai la preda è doma, si lascia trasportare dolcemente nel guadino, sembra fatto su misura per lei, mai accoglienza fu così dolce…
ECCO IL CAVEDANAZZO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
P.S. dedicato a tutti i “malati” come me che hanno avuto un’annata davvero difficile nella ricerca della regina del lago! Senza mollare mai, in qualsiasi condizione ed in qualsiasi momento!
Alla fine si viene sempre ripagati degli sforzi fatti!
Comunque...la zona Cesarini è sfumata, il risultato è ancora fermo sullo 0 a 0. Ora mi preparo a giocare i tempi supplementari!!!